martedì 13 novembre 2007

Timor-Leste "Il mercato di Maubisse - 11 Nov 2007"


ITALIANO

Domenica 11 Novembre sono andato a vedere il mercato settimanale di Maubisse, un villaggio che definire remoto e' poco. La strada per arrivarci e' impossibile, ma un viaggiatore che si e' trovato a passare di la' per lavoro mi ha detto che valeva la pena andarci.

Al posto del parcheggio (che non c'e' affatto) ci sono una serie di posti ove legare i cavalli; infatti da tutti i villaggi limitrofi, ancora più sperduti di Maubisse, ogni domenica si riversano mercanti e compratori.

Le foto parlano da sole. È stata un'esperienza molto bella.

Per molte foto in piu', guardare questa galleria:
http://picasaweb.google.com/lepori.andrea/20071111MaubisseMarketTimorLeste?authkey=vkBVnRRg8m0


ENGLISH
Sunday 11 November I went to see the weekly market in Maubisse, a village that is more than remote. The road to get there is impossible, but a traveler who saw the market told me that the market itself is worth it.

Instead of parkings (that are missing) there are a number of places where horses are tied, since from all neighboring villages, (even more remote than Maubisse) every Sunday merchants and buyers move to Maubisse.

The photos speak for themselves. It was a wonderful experience.
For more pictures have a look at:
http://picasaweb.google.com/lepori.andrea/20071111MaubisseMarketTimorLeste?authkey=vkBVnRRg8m0













giovedì 8 novembre 2007

Timor-Leste "Jaco Island 2,3,4 Nov 2007"

Il famoso ponte di Ognissanti in quest'anno del Signore 2007 e' capitato essere giovedi e venerdi, e per noi a Dili quindi c'era il sabato lavorativo e poi la domenica. Allora i miei ragazzi mi hanno chiesto se potevamo fare un ponte lungo, di quattro giorni.
Sorvolando sul fatto che "ragazzi" e' un termine un po' impreciso, dato che l'eta' arriva a 58 anni e l'eta' media e' comunque intorno ai 40, in testa glielo do', il ponte. Ho ideato questa soluzione: Il giovedi, sebbene festa si lavora, e poi facciamo vacanza per tre giorni di fila , venerdi, sabato domenica.

E il venerdi sono partito anche io, per la famosa famosissima isola che si chiama Jaco, all'estrema punta verso est dell'isola di Timor.
Sull'isola non si puo' domire e non ci sono case, sebbene sia abbastanza grande. Ci si va in barca e si torna lo stesso giorno. Ma poi ci arrivo.

Il gruppo sarebbe stato di tre macchine, piene di gente, ma alla fine, per dei motivi abbastanza vari (chi e' andato in Australia, chi a Bali, chi in montagna) ci siamo ritrovati ad essere in pochi. Partiamo, io l'autista e due donne giapponesi.

Per una distanza di circa 250 km ci si possono mettere 6 ore, e noi infatti, ligi alle regole, ce le abbiamo messe. Abbiamo fatto la scorta di acqua da bere, biscotti, alcuni succhi di frutta e siamo partiti, alle 11.30, perche' una delle due giapponesi doveva lavorare. Ma dimmi tu . . .

Pieno di gasolio, e lasciamo la citta'.

Il tragitto per arrivare e' di una noia paurosa, e si svolge maggiormente lungo la costa, a tratti allontanandosene.

Unico evento forse interessante sono delle case di legno, piazzate in cima a dei tronchi d'albero, e il nostro autista ci spega a cosa servono. Sono degli edifici tradizionali in cui vengono custoditi i cimeli delle famiglie importanti, tipo una lancia o una spada antiche, dei documenti ecc.



L'aspetto notevole e' che ci abita una persona, di solito donna, la quale viene scelta dal capo clan dopo una misteriosa ispirazione, e vien rinchiusa li' sopra, e dotata di tutto il necessario per vivere nel lusso.
Li' dentro pero'.
Viene continuamente rifornita di cibo, vestiti medicinali etc. e lei presidia le cerimonie ufficiali della famiglia, quando gli anziani si riuniscono. Puo' sposarsi, fare figli e tutto quello che vuole, ma puo' mettere piede a terra un giorno solo all'anno. Di solito la persona prescelta e' contenta di starci.
Di solito.
E ci racconta, l'autista, che nella loro palafitta familiare c'e' una signora di circa 60 anni, che sta li' sopra da quando ne aveva 17.

A parte questa sosta, non e' successo niente di particolare, e il viaggio e' stato tranquillamente noioso.

L'aspetto piu' pazzesco ai miei occhi e' che gli ultimi 50 chilometri di strada sono su una multattiera in pietra, larga forse due metri; non c'e' un'altra strada per raggiungere quel posto.


Questa e' la strada che porta a Tutuala, ed e' cosi' per 50 km!

Arriviamo in serata al lodge dove ci dicono che non ci aspettavano ed e' tutto pieno. Allora rispondiamo che avevamo prenotato e loro ci rispondono che quella mattina si erano presentate altre persone, e per errore le camere erano state date a loro.
Il villaggetto e' delizioso, dieci bungalow per ospiti piu' uno grande come ristorante, e gli alloggi per le maestranze.
Solo che per noi posto non ce n'e'.


Che fare? Non pensi il mio solitario lettore (nel frattempo gli altri avranno abbandonato la lettura) che si puo' andare a dormire da un'altra parte. Non c'e' un'altra parte, Il posto e' quello e c'e' solo questa specie di villaggio. Allora bonariamente ci propongono di dormire nella veranda adibita a ristorante, aperta su tutti e quattro i lati e con un tetto di paglia sopra la testa. Noi accettiamo (ma vah?) e ci portano pure dei giacigli.
Nel complesso la dormita va benissimo, a parte la paura di eventuali animali, che per fortuna si sono limitati a fare versi terrifici per tutta la notte, ma non si sono fatti vedere.

E la mattina successiva avviciniamo un pescatore che ci porti in dieci minuti di barca sulla spettacolare Jaco Island.


Questa e' la vista dal mare di Jaco Island. Purtroppo e' stata scattata nell'andar via, quini sono presenti persone sulla spiaggia, che al momento di arrivare non c'erano.

Il pescatore ci scarica sulla spiaggia che e' completamente, ma completamente deserta, a perdita d'occhio. La sabbia e' bianca, e c'e' una trasparenza incantevole.
Prendiamo posizione un po' distanti, perche' non e' che ci si conosca bene, e ognuno si butta in acqua.

Il mare e' tiepido, una vera goduria. Metto le pinne, la maschera e inizio a nuotare.
Lo spettacolo sott'acqua lascia senza fiato; una varieta' di specie diverse immensa, il numero di pesci colorati non si avvicina nemmeno a quanto avevo gia' visto altrove.
Una miriade di pesciolini blu elettrico si mischia ad un altro branco color rosso vivo, e tutti insieme entrano tra i rami del corallo all'unisono, se ci si avvicina.
Poi pesci grandi, piccoli, di superficie, di fondo, sgargianti o mimetici. C'e' tutto.
C'e' il corallo rosso, che credevo estinto, e quello blu, che avevo visto solo in filippine, prima.

Verso ora di pranzo diciamo dalle 11 e mezzo in poi cominciano ad arrivare altre barche che scaricano parecchi altri forestieri come noi. Nel complesso una trentina di persone distribuite su un chilometro. Beh ci si può stare.

Me ne stavo bellamente sdraiato sulla riva a pensare ai casi miei, quando sento un urlo, che veniva dal mare, un "Oh!" della durata di un decimo di secondo, e poi niente. Alzo lo sguardo e vedo il mio autista sparire sott'acqua a circa 30 metri dalla riva.
Ma come un sasso, senza schiamazzi o spruzzi d'acqua o agitamenti di altro tipo. Semplicemente affonda. Mentre tutti si guardano domandandosi cosa sia il problema, in un istante mi ricordo che il demente mi aveva detto di non saper nuotare, e mi lancio in acqua verso di lui. Nuoto come un forsennato ed in circa 20 secondi arrivo dov'era. Mi immergo e che vedo?
Questo beato ragazzo, del tutto immobile sul fondo del mare, a circa 4 metri di profondita'.
In mano stringeva la maschera. La mia maschera.
Vado sotto a recuperarlo e, ricordando la prima regola dei salvataggi mi dico:
"Mo' se questo mi si aggrappa e prova a farmi bere, gli ammollo un calcione che sul fondo ce lo rimando io".
E trepidando gli prendo il braccio piu' vicino a me. Senza reagire comincia a risalire, tirato da me. Lo prendo con il palmo della mano sotto il mento e gli metto la testa fuori dall'acqua, stupito dalla sua inerzia. Lo sento quindi subito respirare rumorosamente, con un po' di tosse e mi tranquillizzo. Mi accorgo in quel momento che uno dei ragazzi portoghesi e' arrivato anche lui. Allora tenendo l'aspirante annegato da sotto il collo comincio a nuotare verso riva e dopo forse un paio di minuti dall'inizio di tutto eravamo arrivati. E lui che diceva:
"Mai piu' mai piu'."

Qualche ora dopo, a cena gli ho fatto i complimenti per come era stato docile durante il salvataggio, perche' non mi aveva creato nessuna difficolta', e lui, anima bella, mi ha detto candidamente che era la quarta volta che cercava di annegare e qualcuno lo salvava. Un professionista dei salvataggi, si potrebbe dire. Ma dalla parte sbagliata.

Un paio d'ore dopo si fa l'ora pattuita per venirci a prendere, e noi ci prepariamo. Solo che il pescatore non si fa ne' vedere ne' sentire. Dopo una buona mezz'oretta di attesa ci mettiamo a chiedere alle altre barche (che nel frattempo stavano portando nuovi forestieri per fare un falo' con annesso barbeque) e troviamo un altro barcarolo che accetta di portarci. Io benedicevo la mia diffidenza che mi aveva consigliato di non pagare quell'asino nel viaggio di andata.

Finita la traghettata, mentre scendiamo dalla barca chi ci viene incontro? Quel fedifrago che dopo non avere ottemperato alla promessa di venirci a riprendere, ha pure voluto essere pagato per il viaggio di andata. Bah.

Tornati al villaggio, cena a base di pesce e poi letto (nel ristorante beninteso). Una ulteriore complicazione e' che una banda di carampane australiane (8 o 10 mi pare) le quali avevano preso tutte le palafitte disponibili, (come nota di folklore aggiungo incidentalmente che il loro peso medio era tra i 90 e i 130 kg) la seconda notte ha voluto trasferirsi a dormire nel ristorante, portandosi i loro materassi, in quanto le loro stanze erano state preda di branchi di topi durante la notte precedente. Il mio autista mi dice che se fanno cosi' porteranno i topi nel ristorante, e io non so se scherzasse o dicesse sul serio, fatto sta che quella notte i topi li ho visti sulle travi del tetto, la notte precedente no.

Quindi passiamo la notte in questa specie di mucchio selvaggio, almeno stavamo in compagnia.

La mattina dopo ci mettiamo in macchina per ritornare, cercando di arrivare a Dili con il giorno, Per motivi di sicurezza meglio spiegati innanzi. Pero', prima di lasciare quel paradiso ci informano che molto vicino c'e' un posto dove sono presenti delle iscrizioni in una grotta le quali iscrizioni risalgono a 30.ooo anni fa. E noi, ovviamente, non possiamo certo perderci una parentesi culturale di quella levatura, e decidiamo di fare una deviazione allo scopo.
Il gestore delle camere ci propone di portare con noi un suo dipendente che ci puo' fare da guida, visto che non e' facilmente raggiungibile. Poi il vero senso della locuzione "facilmente raggiungibile" mi e' stato chiaro un'oretta dopo.
E la guida verrebbe con noi, oltre che per amore della cultura, anche per 10 dollari, che potranno anche sembrare pochi, ma sono esattamente il doppio del costo di una camera per la notte.

Cosi' ci mettiamo in macchina, e dopo una decina di chilometri prendiamo un sentiero largo forse un metro e mezzo, e la macchina chiaramente non ci passava tanto bene. Poi arriviamo.
Un momento, arriviamo dove la macchina deve arrestarsi. I lresto e' a piedi.

Bene, io ho sempre avuto una certa antipatia per la montagna in generale e per il trekking in particolare, ma la discesa verso questa grotta puo' assimilarsi a quello che oggi si chiama free climbing. In sostanza siamo dovuto scendere sul fianco di una montagna su un percorso lungo forse due chilometri, strettissimo, una pavimentazione in cemento, appena abbozzata ne segnalava il tragitto, quando c'era. Poi per centinaia di metri era una discesa a salti di un metro o un metro e mezzo, cadendo su sassi tutto irregolari. La camminata era spossante, saremo discesi di forse 200 metri in un ambiente umido, pieno di insetti, con un sole che arrostiva nonostante fossero ancora le nove del mattino. Pero' cosa non si fa per amore della conoscenza . . .

E alla fine arriviamo.
Ragazzi che spettacolo! Premetto che non era in una caverna come avevo capito, ma sul fianco di una parete di roccia, all'aperto ed alla luce del sole. Alcuni omini stilizzati disegnati su una parete con tinta rossa, una specie di sole e poco altro. Alcuni di essi erano appena visibili, altri erano cosi' scintillanti da suscitare almeno il dubbio, ad essere benevoli, che forse non erano piu' vecchi di qualche giorno. Ma senz'altro sono io che sragionavo a causa della disidratazione e dell'accumulo di acido lattico financo nel cervello.



Ma la parte piu' bella e' stata la risalita! Una ammazzata da togliere il fiato anche ad un atleta, e io non credo di esserlo, comunque. non terminava piu', ogni curva mi illudevo fosse l'ultima, ma poi c'era un altro pezzetto. Mi volevo sdraiare per terra chiedendo all'autista di sopprimermi, ma non ho avuto il coraggio. Poi, un po' per volta, con la lingua che strusciava per terra, sono arrivato alla macchina.

Ci rimettiamo in macchina e piano piano procediamo verso Dili. Giusto il tempo di fermarci per pranzo in un paese dove hanno messo un albergo per turisti e poi siamo ripartiti. E' notevole il fatto che in quest'area in mare alcuni miei conoscenti hanno visto i coccodrilli. In mare! Mi dicono che sono quelli del fiume che certe volte si allungano in mare, ma non dev'essere un incanto trovarseli a nuotare vicino, penso.

Sulla strada del ritorno incontriamo una processione. Era esattamente sulla strada e le macchine non passavano. Ci mettiamo in coda pazientemente finche' l'autista non si affaccia dal finestrino e, dopo aver guardato la ruota davanti, dice: "Abbiamo bucato". Che iella. Ma fosse solo la foratura il problema.
Ci togliamo dalla coda di macchine e lui inizia a prendere gli attrezzi, svita i bulloni, ma dice che ce ne e' uno che non si svita. Lo guardo e che cosa vedo? E' un bullone antifurto, diverso dagli altri, serve un adattatore. Cerchiamo in macchina ma non si trova. Togliamo borse, valigie, buste di plastica, tutto in pratica, ma proprio non c'e'.
Allora cominciamo a fermare tutte le macchine straniere. Cioe' macchine con espatriati a bordo.

Ognuno, ma proprio ognuno che prova con la sua chiave a svitare questo bullone. Ma santa pazienza, penso io, ma se la chiave tua e' uguale alla nostra, e la nostra e' stata buona a svitare 5 bulloni, cosa ti fa' pensare che la tua, del tutto identica, sviti quell'ultimo bullone?

Ma evidentemente fa parte delle strutture del nostro cervello. Inoltre nessuno pareva conoscere l'esistenza di bulloni anti svitamento, forse noi italiani con i furti siamo piu' attrezzati. Che ne so? Ma nessuno, ne' l'autista, ne' le 2 giapponesi, ne' tutti quelli che si sono fermati ad aiutarci (diciamo una quarantina di macchine, per un totale di 150 persone).
Addirittura un portoghese sosteneva che quel bullone si era spanato perche' era stato avvitato troppo forte. E io gli ho fatto notare che ne avevamo uno spanato per ogni ruota, ma lui insisteva su questa convinzione, tanto era nuovo per lui il concetto di bullone antifurto.

Comunque questo mi ha permesso di conoscere la meta' degli espatriati che si trovano a Timor-Leste (immagino che l'altra meta' avesse pensato di fare il ponte in direzione ovest). Infatti fermando tutte le macchine ho incontrato australiani, portoghesi, nepalesi, filippini, pakistani tedeschi, neozelandesi, francesi, giapponesi etc.
Tutti inutili ai nostri scopi, ma si sono profusi comunque in consigli e sorrisi di circostanza. Molti ci hanno offerto la loro provvista di bottiglie di acqua minerale (che pena che gli dobbiamo aver fatto).

Si cominciavano a fare le 4, e dovevamo passare un certo villaggio prima che facesse buio, perche' c'era un allarme dell'onu secondo il quale li' stavano avvenendo turbolenze e blocchi stradali, di sera. Ed il nostro buon autista apparteneva ad un'etnia in guerra con quella di quel villaggio, dunque era opportuno sbrigarsi. Ma eravamo impantanati li'. Decidiamo di chiamare la capitale e farci mandare una macchina di corsa, nel vero senso della parola. 110 km di stradaccia, in pratica 2 ore e mezzo. Parte quindi in nostro aiuto il proprietario della macchina, che al telefono aveva detto di non sapere niente di bulloni speciali.

E io riflettevo: della presenza di questo bullone strano sulla mia macchina non lo sapevo, ed ho avuto questa macchina per piu' di un mese, potendo bucare dovunque, in citta'. Avrei potuto scoprire questo problema vicino casa, a portata di aiuto da parte di 30 o 40 persone.
E invece dove mi va a succedere?
Qui.
Dove "qui" lo dicevo guardando la mancanza totale di qualsiasi oggetto artificiale, eccezion fatta per la macchina e la strada. In tutte le direzioni, a perdita d'occhio, non c'era nient'altro che campi incolti, rocce, sterpi. Ne' una casa, ne' un fuoco in lontananza, ne' persone. Niente.

I minuti passano lentissimi, senza avere niente da fare, con un caldo ed un'umidita' degna di un bagno turco, tra una telefonata alla coniuge ignara, che racconta storie di inumazioni feline, e ulteriori tentativi di trovare questo adattatore in qualche altra macchina.
Cominciava ad imbrunire e le macchine che correvano verso Dili si fermavano molto poco volentieri, perche' ogni minuto perso rappresentava un incremento delle probabilita' di beccarsi un sasso vagante o di trovare un posto di blocco.

Passano due ore e mezzo giuste, ed ecco che spunta il manager della societa' che affitta le macchine con un meccanico al seguito. In quattro e quattr'otto vaticina che in effetti il bullone e' diverso dagli altri e a martellate ci infila di prepotenza una chiave di misura piu' piccola dei bulloni normali, giusto per poter acchiappare quel bullonaccio infame e svitarlo. Cambiano la ruota e ci rimettiamo in macchina. Fa buio in quel momento.

Sulla via del ritorno ritroviamo la processione, che nel frattempo aveva percorso 4 o 5 km. Tutti in mezzo alla strada, e una decine di macchine che come la nostra aspettavano, procedendo a passo d'uomo. Un'altra ora di supplizio, ho imparato il rosario in Tetun. E poi ci hanno fatto passare.

L'altra macchina, quella del manager ce la perdiamo praticamente subito, non so se ci hanno superato o sono rimasti dietro. Corri corri verso Dili ed arriviamo al paese pericoloso, Metinaro. E' ormai buio fitto e temiamo che qualcuno ci fermi con degli ostacoli in mezzo alla strada. Se prendono il mio autista, finisce all'ospedale ad essere fortunati (qui usa cosi', lui mi ha raccontato che a Dili anche lui fa le stesse cose, al contrario).
C'e' molta gente per strada e un signore di forse 50 anni, con un bel sasso in mano, ci fa segno di rallentare, poi guarda dentro e ci dice di passare.
Pfui anche questa e' fatta. Questo autista e' discretamente fortunato, vedo.

Dopo meno di mezz'ora torniamo in albergo ed ognuno si ritira nei suoi alloggi.
Nel complesso una tre giorni pregna.